Cesta su muletto: sì o no?

C’era una volta un’azienda, dove i manutentori che si occupavano del cambio lampade venivano sollevati a 5 metri da terra con un muletto.

– “Non è un po’ pericoloso?”

– “Certo che no!” dissero “mettiamo il bancale di traverso!”

– “Ma il bancale di traverso non ha un parapetto, se perdi l’equilibrio rischi di cadere!”

– “Assolutamente no! Lo faccio da 10 anni, mai successo nie…”

E visse alcuni mesi fratturato (e non troppo contento).

Il problema degli operatori sollevati con il muletto è diffuso in moltissime aziende.

Normalmente si incontrano tre tipologie di sollevamento:

  • TEMERARIO, direttamente in piedi sulle forche;
  • SICURO, con il famigerato “bancale di traverso”;
  • SICURISSIMO, con il bancale di traverso su cui si posiziona una cesta, utilizzata di norma per contenere materiale di lavoro (ovviamente non studiata per contenere e sollevare persone).

Inutile dire che di sicuro c’è ben poco. Per la verità di sicuro non c’è proprio niente.

Meno male che ci sono le ceste per il sollevamento delle persone! Con quelle finalmente posso sollevare tutti, tutto il giorno, senza problemi!

Ecco… non so come dirtelo… veramente no. O meglio, ni. Non sempre comunque.

Perché?! Ti starai chiedendo.

La ragione è piuttosto semplice, e la chiarisce l’Allegato V, parte II, del D.Lgs. 81/08:

4. Prescrizioni applicabili alle attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di persone e di persone e cose

4.1 Le macchine per il sollevamento o lo spostamento di persone devono essere di natura tale:

[…]

c) da escludere qualsiasi rischio di schiacciamento, di intrappolamento oppure di urto dell’utilizzatore, in particolare i rischi dovuti a collisione accidentale; […]

Il carrello elevatore è pensato per sollevare merci, non persone! A differenza delle piattaforme aeree (le famigerate PLE), sulle quali l’operatore a bordo della cesta può comandare i movimenti, sul muletto occorre fidarsi dell’operatore a terra. Se sbagliasse? Se avesse un malore? Potrebbe diventare un bel pasticcio…

Con tutta la buona volontà, possiamo garantire ad occhi chiusi la sicurezza di qualcuno che non ha possibilità di manovrare l’attrezzatura su cui si trova?

Si continua poi con l’Allegato VI, p.to 3.1.4:

3.1.4 Il sollevamento di persone è permesso soltanto con attrezzature di lavoro e accessori previsti a tal fine. A titolo eccezionale, possono essere utilizzate per il sollevamento di persone attrezzature non previste a tal fine a condizione che si siano prese adeguate misure in materia di sicurezza, conformemente a disposizioni di buona tecnica che prevedono il controllo appropriato dei mezzi impiegati e la registrazione di tale controllo. Qualora siano presenti lavoratori a bordo dell’attrezzatura di lavoro adibita al sollevamento di carichi, il posto di comando deve essere occupato in permanenza. I lavoratori sollevati devono disporre di un mezzo di comunicazione sicuro. Deve essere assicurata la loro evacuazione in caso di pericolo.

Ti chiederai a questo punto: “Cosa significa di preciso a titolo eccezionale?”

Per rispondere a questa domanda ci viene in aiuto una circolare del 2011, che può essere consultata sul sito del Ministero del Lavoro al link seguente:

http://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/normative/Eccezionalità.pdf

In soldoni possiamo usare una cesta sul carrello elevatore solamente se:

  • si verifica un’emergenza;
  • dobbiamo prevenire situazioni di pericolo grave o per operazioni di salvataggio;
  • quando neanche le PLE si dimostrano sufficientemente sicure per lo svolgimento della particolare operazione (difficile da immaginare, ma non mettiamo limiti alla provvidenza).

Quindi? Che si fa con la cesta? A differenza delle ceste sollevabili con la gru, per le quali sono state emanate delle indicazioni sull’utilizzo (vedere ad esempio la norma UNI EN 14502-1 – Apparecchi di sollevamento – Attrezzatura per il sollevamento di persone – Parte 1: Cestelli sospesi), per la cesta sul carrello elevatore non sono previste guide operative di alcun tipo (almeno per il momento). Moltissime sono le aziende che hanno acquistato le ceste per manutenzioni, controlli, attività varie ed eventuali…

Qualche consiglio:

  • fate una valutazione dei rischi specifica per l’attività, che tenga presente anche le caratteristiche del luogo in cui questa viene utilizzata;
  • valutate la riduzione della portata massima (la cesta ha un peso considerevole… la portata massima necessariamente sarà più bassa, con i conseguenti rischi per la stabilità);
  • istruite SCRUPOLOSAMENTE gli operatori che andranno a manovrare le ceste sul carrello elevatore;
  • acquistate solo ceste CONFORMI, per avere la garanzia che sono state costruite secondo criteri di legge e non a casaccio.
  • NON COSTRUITE LE CESTE IN CASA! (per ribadire il concetto espresso qui sopra). Lo so, la tentazione è forte, ma l’ASL non apprezza di solito!
,

Prima installazione di un’attrezzatura a pressione

MESSA IN SERVIZIO DI UN’ATTREZZATURA O DI UN INSIEME IN PRESSIONE: COME INTERPRETARE L’ARTICOLO 4 E L’ARTICOLO 6 DEL D. Lgs 329/04?

Chi fa cosa? E perché? E come? Sembra un incubo. In realtà possiamo cavarcela in qualche modo. O almeno ci proviamo.

 

 Oggi ci concentriamo su un argomento che rischia di togliere il sonno a qualcuno, almeno a chi possiede nella propria azienda una nuova apparecchiatura a pressione, soggetta quindi alla direttiva PED 97/23/CE.

Facciamo una piccola premessa sulle definizioni date nel D. Lgs. 93/2000, il Decreto attuativo della Direttiva PED in Italia; qui vengono definite (art. 1) “attrezzature a pressione” i recipienti, le tubazioni, gli accessori di sicurezza e gli accessori a pressione, ivi compresi gli elementi annessi a parti pressurizzate, quali flange, raccordi, manicotti, supporti, alette mobili… insomma praticamente tutto quello di cui può essere composto il macchinario che usiamo.

“L’insieme” invece è un numero X di attrezzature che costituiscano un “tutto” funzionante. Molto bene.

Ora, partendo dal presupposto che questo particolare tipo di attrezzature richiede una verifica di prima installazione (oltre alle verifiche periodiche, ma in questo frangente non ci interessano) ci chiediamo: come dobbiamo muoverci? Spulciando qua e là tra direttive, relazioni, guide e quant’altro, a parte un gran mal di testa siamo riusciti a rimediare una risposta che sembra soddisfacente.

Chiediamoci chi installa la macchina. Abbiamo due possibilità:

Facciamo l’ipotesi più semplice ora, cioè quella di una macchina nuova, quindi con Marchio CE di conformità. Il DM 329/04 dice, nell’art. 4, comma 1, che:

Le attrezzature o insiemi a pressione di cui all’articolo 1, solo se risultano installati ed assemblati dall’utilizzatore sull’impianto, sono soggetti a verifica per la messa in servizio.”

Possiamo quindi affermare che la verifica di messa in servizio sarà obbligatoria solo per utilizzatore o terzo incaricato qualora installino autonomamente l’attrezzatura / insieme in pressione, e questo passaggio deve essere necessariamente fatto prima della Dichiarazione di Messa in Servizio. Il fabbricante che installi l’attrezzatura/insieme può invece predisporre direttamente la Dichiarazione.

Nel caso in cui l’attrezzatura (o l’insieme) non sia Marcata CE, l’installazione può essere effettuata solo dal fabbricante, in quanto, essendo responsabile del proprio prodotto, dovrà preoccuparsi di eseguire una Valutazione di Conformità CE, in seguito alla quale (dopo esito positivo ovviamente), si potrà procedere con la Dichiarazione di Messa in Servizio.

Lo stesso discorso vale per attrezzature / insiemi che siano da assemblare prima di essere installati, i passaggi sono esattamente uguali.

Chi avvisiamo? Gli enti preposti alla verifica ovvero INAIL (che farà la verifica di primo impianto) e la ASL (che si occuperà delle verifiche periodiche successive), così come stabilito nell’art. 6, comma 1 del D. Lgs. 329/04, nel quale si trova anche un elenco esatto dei documenti da produrre:

  1. l’elenco delle singole attrezzature, con i rispettivi valori di pressione, temperatura, capacita’ e fluido di esercizio;

  2. una relazione tecnica, con lo schema dell’impianto, recante le condizioni d’installazione e di esercizio, le misure di sicurezza, protezione e controllo adottate;

  3. una espressa dichiarazione, redatta ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica del 20 ottobre 1998, n. 403, attestante che l’installazione è stata eseguita in conformità a quanto indicato nel manuale d’uso;

  4. il verbale della verifica di cui all’articolo 4, ove prescritta;

  5. un elenco dei componenti operanti in regime di scorrimento viscoso, o sottoposti a fatica oligociclica.

 

,

Come eliminare un’attrezzatura a pressione

DISMISSIONE DI ATTREZZATURE A PRESSIONE SOGGETTE AL D. Lgs. 93/2000 (DECRETO ATTUATIVO DELLA DIRETTIVA 97/23/CE – PED) 

Le attrezzature a pressione hanno assunto un’importanza sempre maggiore in diversi ambiti industriali, ed hanno avuto una grande diffusione. Ma come ci si deve comportare quando queste non servono più?

 

Può capitare che un’azienda, per esigenze produttive per il rinnovamento delle linee o per l’interruzione di una particolare attività produttiva, decida di dismettere un’attrezzatura. Ovviamente non tutte le attrezzature sono uguali, per cui bisogna tenere conto delle particolarità di ognuna.

 

La linea è costruita con materiali particolari? Utilizzava fluidi particolari? Sono domande prudenti e non banali. Nel caso di un’attrezzatura in pressione come ci dobbiamo comportare? La legislazione a riguardo è piuttosto ampia, e per la verità non proprio esaustiva. Partendo dalle reliquie, come il “Regio Decreto 824/27”, e arrivando al più recente “DM 329/04” il punto di domanda rimane sempre lo stesso: cosa devo fare per dismettere questo tipo di apparecchiature?

Un tempo, quando l’Organismo preposto al controllo era l’ormai soppresso ANCC (sostituito dall’ISPESL, poi assorbito da INAIL) era necessario consegnare le targhe della macchina da dismettere, in modo tale che non potessero essere riutilizzate su una nuova macchina.

Ora la procedura pare non essere più così “vincolante”. Nessuno parla di consegnare le targhe, né delle modalità da seguire per lo smaltimento. L’unico accenno alla dismissione della macchina lo troviamo nell’art. 7 del DM 329/04 che, cito testualmente:

Art. 7. – Obblighi degli utilizzatori

[…]

  1. L’utilizzatore è tenuto, in particolare, all’osservanza di quanto segue:

[…]

  1. fornire motivata comunicazione al soggetto incaricato dell’attività di verifica della messa fuori esercizio, permanente o temporanea, di qualunque attrezzatura ed insieme assoggettato a verifica

[…]

 

Nello specifico, il modulo da compilare, reperibile sul sito della propria ASL di competenza (o USL a seconda dell’area geografica che consideriamo), prevede una compilazione semplicissima, inserendo i dati principali di azienda e responsabile della linea produttiva e il numero di matricola della macchina. Niente consegna di targhe o simili… A quanto pare con la nuova legislazione c’è molta più fiducia verso chi dismette le attrezzature in pressione.

Il modulo è lo stesso, sia che si tratti di una dismissione temporanea, sia che si tratti di una dismissione permanente.

Va necessariamente ricordata una cosa: la prima delle verifiche periodiche viene effettuata dall’INAIL, mentre le successive sono eseguite dalla ASL. Pertanto, il modulo (spesso pre compilato nell’indirizzo) deve essere inviato all’attenzione di INAIL, con una copia “per conoscenza” alla ASL di competenza. Mistero svelato?